La scorsa estate, Francesco Ratti ed io siamo stati attirati dalle stupende guglie della parete sud del Monte Bianco. Dopo aver aperto Incroyables con Matteo della Bordella, avevamo pronto un altro colpo in canna…volevamo tentare di ripetere il mitico trittico del Freney, anche conosciuto come Super Integrale, uno tra i concatenamenti più spettacolari ed affascinanti della storia dell’alpinismo.
Dal 1 al 15 febbraio 1982 Renato Casarotto ha concatenato in pieno inverno e in totale autonomia la via Ratti-Vitali sulla parete ovest dell’Aiguille Noire de Peutèrey, la via Gervasutti-Boccalatte al Picco Gugliermina e il Pilone Centrale del Freney per la via Bonnington, raggiungendo la vetta del Monte Bianco per poi ridiscendere fino a Chamonix. Tutto questo in solitaria e durante la stagione più fredda. A mio parere uno degli exploit più duri ed estremi della storia dell’alpinismo.
Il nostro obiettivo era semplice: volevamo seguire le orme di Casarotto, il più velocemente possibile e in piena estate ovvero quando le vie si trovano nelle condizioni più favorevoli, omaggiando il grande alpinista vicentino con il nostro stile leggero e pulito.
Il 29 e 30 luglio la meteo sembra buona, le condizioni sono ottime e miracolosamente entrambi non dobbiamo lavorare come guide. Quindi non ci resta che provare.
Il 28 pomeriggio ci troviamo da Matteo Pellin al campeggio Monte Bianco La Sorgente ormai il mio campo base fisso per le salite sulla sud del Bianco!
Cena presto e ci buttiamo in branda il giorno dopo finalmente si scala!
Alle una di notte io e Francesco imbocchiamo il sentiero che sale al rifugio Monzino e dopo un’ora circa entriamo nel rifugio dove Mauro ci ha preparato una colazione da re.
Ci fermiamo circa mezz’ora e poi ripartiamo verso il colle dell’Innominata. Passato il colle siamo catapultati sul ghiacciaio del Freney dove ci accolgono in lontananza rumori di crolli di ghiaccio e scariche di pietre. Ci dirigiamo velocemente all’attacco della Ratti – Vitali dove lasciamo giù tutto il materiale e ancora al buio attacchiamo ad arrampicare. Tocca a me partire ed inizio ad inanellare diversi tiri sempre seguito a ruota da Francesco. Ci muoviamo in conserva lunga di modo da poter arrampicare simultaneamente risparmiando tempo. La tattica e semplice: scaliamo contemporaneamente con tutte le corde distese e quando arriviamo alle soste piazziamo un bloccante sull’ancoraggio e continuiamo a salire. Quando finiamo le protezioni, facciamo sosta, ci scambiamo il materiale e ripartiamo. Questa tattica è molto redditizia. Infatti siamo riusciti ad inanellare anche 7 tiri senza fermarci. Arriviamo velocemente alla base dei diedri sommitali dove ci sono le difficoltà più sostenute della via. Anche in questa parte saliamo rapidi e in appena 4 ore dall’attacco della via siamo in vetta abbracciati alla Madonnina. Foto di rito e poi iniziamo le doppie.
Due ore e siamo nuovamente alla base della Noire, ma in quel momento ci arriva un messaggio da Umberto il nostro “Guru” della meteo: “Ragazzi, meteo cambiata. Questa sera sulla sud del Bianco potrebbero esserci dei forti temporali. Avete il 50 % di possibilità”. Questa notizia ci sega le gambe. Che fare? Rinunciare?
Ci consultiamo e decidiamo di continuare. Troveremo un posto per ripararci, no?
Prendiamo tutto il materiale e ci spostiamo alla base del Gugliermina. Questa volta ci tocca scalare con gli zaini sulle spalle ma riusciamo comunque a muoverci velocemente percorrendo i tratti più facili in conserva lunga. Accompagnati da un piacevole sole estivo scaliamo i tiri più sostenuti sull’evidente spigolo del pilastro. Ho un ricordo bellissimo di quelle lunghezze che a mio parere sono un capolavoro e solamente il pensiero che Gervasutti e Boccalatte li hanno aperti in scarponi mi mette i brividi.
Arriviamo alla terrazza e quindi inevitabilmente al pendolo che sfortunatamente troviamo completamente fradicio. Infatti una gigantesca colata d’acqua cade proprio sulla sosta che dobbiamo raggiungere per pendolare verso destra. Ci mettiamo il guscio e senza perdere tempo saliamo e pendoliamo. Finito questo tratto ci troviamo di fronte ad un ultimo tiro impegnativo anche questo in parte bagnato. Finalmente arriviamo sul filo di cresta che rapidamente ci porta in vetta al pilastro. Sono le 20:00 e dietro di noi ci accorgiamo che il temporale sta arrivando. Non c’è tempo da perdere, dobbiamo ripararci. Troviamo fortunatamente una grossa fessura coperta da un grosso masso. Stendiamo le corde e ci accovacciamo sopra. Sulle nostre teste stendiamo il telo termico e aspettiamo. Arriva il temporale ma dentro il nostro riparo siamo all’asciutto, tipo in una piccola tenda. Purtroppo però siamo scomodissimi, accovacciati con le ginocchia in gola e i crampi non tardano ad arrivare. Fuori si scatena il finimondo ma dentro al nostro riparo stiamo bene e riusciamo a bere qualcosina e a sonnecchiare. Per mangiare qualcosa di caldo dobbiamo aspettare che finisca di piovere. Accendere il fornello in quel momento è impossibile. Alle due vediamo le stelle e decidiamo di uscire. Abbiamo fame ma intorno a noi non c’è neve da fondere, una vera beffa pensando a tutta l’acqua che è caduta durante la notte. Decidiamo di ripartire per raggiungere la calotta nevosa dell’Aguille Blanche dove sicuramente troveremo neve da fondere. Dopo due ore finalmente siamo sulla Blanche. Ci infiliamo nei sacchi a pelo e iniziamo a fondere acqua per cucinare tutto il cibo che abbiamo nello zaino. Il temporale e lo scomodo bivacco ci hanno provato parecchio ma fortunatamente con un’ora di sosta e buttando sotto i denti qualcosa di caldo riusciamo a recuperare le energie. Sono le 4 passate quando ripartiamo in direzione del Pilone Centrale. L’affilatissima cresta della Blanche non ci crea problemi e nemmeno la discesa in doppia al colle del Freney. Con l’arrivo del sole arriviamo alla base del pilone dove ci cambiamo e iniziamo a scalare. Nel frattempo altre cordate arrivano alla base del pilone e inizia un po’ di “bagarre”. Per noi è fondamentale non perdere tempo, non possiamo assolutamente permetterci un altro bivacco.
I primi tiri del pilone sono stupendi, un granito rosso di una qualità spaziale! Arrivati alla base della Chandelle siamo i primi seguiti a ruota da due guide polacche che scalano molto forte.
Francesco apre le danze. La stanchezza inizia a farsi sentire ma ormai la cima si avvicina.
Francesco sale i tre tiri della Chandelle, io lo seguo e dietro di noi, i due ragazzi Polacchi scalano in libera, chapeau! Siamo fuori dalle difficoltà ma ci restano ancora 3 tiri. Passo io al comando e baciati dall’ultimo raggio di sole pomeridiano arriviamo in vetta al pilone!
Ci cambiamo e ci caliamo dietro alla cuspide del pilone per raggiungere l’ultima parte di misto prima della cresta del Brouillard!
La neve è marcia e a tratti affondiamo alla vita. Finalmente sulla cresta le cose vanno meglio e alle 18:00 arriviamo in vetta al Monte Bianco!
Siamo esausti ma allo stesso tempo contentissimi. In vetta incontriamo anche il mio amico, Filip Babicz, che arriva da una salita in velocità sulla sud del Bianco. Foto di rito, un rapido saluto a Filip e giù. Non è ancora finita bisogna arrivare al Combal!!
Fino al Gonnella scendiamo velocemente, li ci aspetta il nostro amico Luca Truchet che è salito per fare alcune foto!
Ci beviamo una coca e mangiamo un pezzo di torta, poi ripartiamo.
Sul Miage la notte ci avvolge, siamo stanchissimi ma non possiamo mollare. Ci inciampiamo sovente sui sassi però non ci fermiamo mai! Alle 23.00 spaccate siamo al Combal esattamente 46 ore dopo la nostra partenza!
Siamo stanchissimi. Al campeggio ci aspettano Alessia, Matteo e Dominique. Beviamo una birra e ci addormentiamo sul tavolo! Le nostre compagne ci caricano in macchina e ci riportano a casa, il giorno seguente alle 9 ci tocca recuperare i clienti e partire nuovamente in montagna.
Sono veramente soddisfatto di questo concatenamento in velocità! A mio parere il più duro che ho fatto fino ad oggi. Lo dico perché in questa salita ci sono tutte le caratteristiche del grande alpinismo: arrampicata ad alto livello, neve, ghiaccio, terreno misto, quota, ambiente selvaggio e nessuna certezza di finire ciò che abbiamo programmato!
Pe dare alcuni numeri: in 46 ore abbiamo scalato 2150 m. di roccia verticale (calcolando lo sviluppo delle 3 vie percorse), e in totale abbiamo percorso un dislivello totale di circa 4300 m.
Una bella avventura condivisa come al solito con un grande compagno, Francesco Ratti.
Ci tengo a ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato e sostenuto: Matteo Pellin, Luca Rolli, Mauro Opezzo, lo staff del rifugio Monzino, Luca Truchet, Alessia e Dominique.