Quando una salita riesce…arrivati in cima già si sogna quella dopo. Essere in alto ci fa vedere le cose diversamente: cambiano le prospettive e non sempre in maniera negativa, alcune cose che ci sembrano insormontabili o addirittura impossibili diventano fattibili e così ricominciamo sognare.
Certo non avrei mai detto che quel giorno sarebbe stato l’ultimo passato assieme….

Io e Roby ne abbiamo passate tante assieme: abbiamo rischiato la pelle, abbiamo gioito, abbiamo sofferto, e ci siamo anche mandati a stendere tante volte.
Lui è stato uno dei miei maestri quando ancora ero un ragazzino, mi ha insegnato tanto e mi ha messo alla prova. Mi ha trasmesso un alpinismo fuori dalle rotte comuni ma estremamente legato al nostro territorio, alla nostra valle e alle nostre montagne.
Aneddoti e storie ne avrei così tanti che potrei scrivere un libro! Adesso però voglio raccontarvi la nostra ultima avventura. Ovviamente anche questa salita è stata vissuta sulle montagne della Valtournenche e non sono mancate le sorprese e i rischi.

Era anni che io e Roby puntavamo a ripetere Petit Lumignon, un’estetica ed esile via di ghiaccio che nasce sotto la cresta Albertini. Questa linea è stata aperta il 22 febbraio 2003 da Ezio Marlier, Massimo Farina e Hervé Barmasse. La via prende parecchio sole soprattutto nella parte bassa, quindi difficilmente si consolida tutta e bisogna saperla cogliere al momento giusto.
Il 7 dicembre dopo svariate ricognizioni decidiamo di provare.
Erano un po’ di mesi che non combinavamo niente in montagna quindi tutti eravamo motivati e la squadra con un paio di messaggi è diventata subito una comitiva.
Decidiamo di fare due cordate, una da due io e Roby e una da tre con Francesco, Emrik e Roger.
Appuntamento ore 6 al Cretaz ci aspettano 1000 m. con sci e pelli per arrivare all’attacco e dopo ancora 600 m di parete.
Nell’avvicinamento non si parla molto ma un po’ di sana competizione parte sempre, quindi pronti via e sembra già una gara con la differenza che gli zaini pesano un po’ di più.
Con le prime luci del giorno siamo alla base: ci cambiamo e con i primi raggi di sole cominciamo a scalare. Le condizioni sono perfette: scaliamo facilmente la prima parte e ci troviamo sotto il primo muro verticale di circa venti metri.
Qui le cose cambiano: il ghiaccio non è molto bello, è di colore bianco e poco rassicurante. Mi avvicino, do’ qualche picozzata e si crepa tutto, il ghiaccio per 15 metri è tutto scollato e sento l’acqua correre sulla roccia. Decido di tornare in sosta e consultarmi con Roby, ci guardiamo attorno e a destra ci sembra che si salga bene su roccia.

Non perdiamo tempo, attacco su per un diedro facile ma con la roccia molto friabile salgo 30 m e mi ritrovo la strada sbarrata da un tetto sormontato da una placca liscia. Faccio sosta e inizio a recuperare Roby. Nel frattempo noto che molto più a sinistra c’è un risalto di ghiaccio sicuro che permette di aggirare il tratto marcio. Grido subito a Francesco che comincia ad attraversare invece per me e Roby è tardi ci tocca il tetto con la placca liscia in uscita. Roby non è molto convinto e mi chiede più volte se sono sicuro. Gli rispondono di stare tranquillo che in qualche modo sarei passato.
Tolgo i guanti aggancio le picche all’imbrago e parto, la cosa buffa è che siamo partiti per fare una via di ghiaccio e stiamo scalando su roccia a mani nude. metto un friend buono e con un paio di movimenti esco dal tetto e sono sulla placca. Ovviamente ho i ramponi e non c’è alcuna possibilità di proteggersi. Salgo delicatamente verso sinistra, piazzo un chiodo a lama che entra per metà, faccio altri due movimenti e rientro nella goulotte, finalmente il duro è fatto. Faccio sosta e dico a Roby di partire. Dopo qualche minuto lo vedo spuntare e da buon maestro inizia ad insultarmi, “Balu non si fanno questi passaggi!! Devi cercare il facile”.
Accuso in silenzio ma sotto i baffi me la rido e penso “il vecchietto ha tribolato ad uscire dal tetto”, gli passo il materiale e ripartiamo. Arrivano anche gli altri e dopo due tiri semplici siamo sotto un altro risalto verticale. In quel momento inizia a cadere un sacco di spindrift che rende veramente complicato scalare. Ci guadiamo ed era ovvio che non avremmo mollato. Prendo il materiale e parto. Fatico, mi riempio di neve, piazzo una sola vite e salgo. Il terreno spiana, faccio ancora 30/40 m e faccio sosta. Inizia a salire anche Roby, io sono 50 m più sopra e lo sento imprecare per il freddo e perché la neve gli entra ovunque. Finalmente siamo fuori dalle difficoltà, ci mancano solo 200 m di canale facile. Non c’è bisogno di parlare partiamo a razzo abbiamo distanziato un po’ gli altri. Spuntiamo sul ghiacciaio del Montabel è un momento bellissimo! Ci abbracciamo e non diciamo niente, contempliamo solo la bellezza che c’è attorno a noi.
Roby manda un messaggio vocale a Chantal dicendole che siamo in cima e va tutto bene, poi mi dice una cosa: “Oggi alle 18.00 devo essere a Chatillon per un evento della scuola di Luca. Dici che riesco?”
Come prima non dico niente e rido sotto i baffi perché la vedo dura, sono già le 15.30. Partiamo giù veloci, nel canale incontriamo gli altri. Parlo con Francesco ci organizziamo velocemente per la discesa noi avremmo attrezzato le soste e loro nel frattempo avrebbero raggiunto la vetta.
Iniziamo ad attrezzare le soste per le discese a corda doppia, ad un certo punto Roby fa un ancoraggio abalakov con una porzione di ghiaccio molto bagnato. Non ci penso neanche e scendo e lui mi segue. Quando iniziamo a recuperare le corde ci accorgiamo che con il freddo si erano ghiacciate e non c’è verso di muoverle. Niente, dobbiamo aspettare gli altri perché senza corde non possiamo scendere. Vedo Roby agitarsi per i tempi che si allungano e io sempre di più rido sotto i baffi, mi immagino la sgridata che si sarebbe preso dalla Chanty. Noi alpinisti siamo egoisti quando c’è la possibilità di una grande salita non capiamo più nulla. Fa parte della nostra natura quando la montagna chiama il resto conta poco.
Finalmente arriva Emrik che ci lancia la corda e ovviamente ci prende per i fondelli : “Ho dovuto picozzare la vostra corda…era un blocco di ghiaccio”.
Ridiamo tutti e noi incassiamo la pompata e ripartiamo.
Arriviamo finalmente agli sci, sono le 17.00, ci cambiamo e dividiamo il materiale.
In quel momento Roby mi chiede: “Ti scoccia se inizio a scendere ? Magari arrivo a Chatillon prima della fine dell’evento”.
Gli rispondo: “Figurati vai, io aspetto gli altri e mi metto sulla morena in alto così ti guardo scendere.”
Lui mi risponde : “Perfetto grazie Balu, ci sentiamo dopo” e parte giù.

Non avrei mai pensato che quello sarebbe stato l’ultimo momento passato assieme in montagna, l’ultimo saluto che ci facevamo tra i ghiacciai. Ho guardato il Balu scendere giù, nella neve crostosa con il tramonto davanti a me. Lo vedevo faticare e come al solito ridevo sotto i baffi perché sapevo che a breve sarebbe toccato a me.
Il nostro alpinismo è sempre stato ricco di grandi sogni che abbiamo vissuto scanzonatamente sulle montagne della nostra valle.

Aspetto gli altri e iniziamo la discesa arrivando a valle prima del buio.
Ci beviamo un paio di birre e brindiamo ad un’altra giornata passata in montagna.