Rientrato dal mio viaggio in Cina, la mia stagione delle spedizioni non era ancora finita. Infatti, a metà novembre, ero pronto a ripartire. Questa volta sarei andato nel Khumbu nel cuore dell’Himalaya nepalese al cospetto del tetto del mondo: sua maestà l’Everest. A metà novembre, assieme al signor Sergio Cirio, ho deciso di recarmi in Nepal per scalare due montagne: l’Island Peack 6183 m e il Lobuche 6119 m.

L’obiettivo di questa spedizione era prepararci a qualcosa di molto più grande, ovvero, la nostra spedizione all’Everest in programma per la primavera successiva. La nostra idea era quella di recarci nel Khumbu per un primo sopralluogo e soprattutto per cominciare ad assaporare, con un po’ di anticipo, la caotica routine di una spedizione Himalayana.

Partimmo con il piede giusto e senza intoppi giungemmo a Lukla dove parte il trekking verso il campo base dell’Everest e quindi anche verso le nostre vette. Oltre a me e Sergio, partecipò anche un amico di vecchia data Sete Tamang, Sherpa della nostra piccola spedizione. Con due giorni di cammino arrivammo a Namche Bazar che con i suoi 3440 m era ideale per un primo stop. Decidemmo di fermarci due notti per favorire il nostro acclimamento. Namche è la provincia della valle del Khumbu ed è anche il mercato storico della valle, infatti il sabato mattina vi ha luogo un tradizionale mercato in cui gli abitanti dell’area vendono le loro mercanzie. Mi innamorai subito di Namche è un luogo fantastico dove ritorno sempre volentieri. Mi stupisce  sempre la tranquillità delle persone e la vista eccezionale sulle montagne circostanti. Inoltre questo paese offre alla popolazione e ai turisti molti servizi fondamentali: scuole, un ospedale, una stazione di polizia, musei (dove si racconta la storia della valle e ovviamente la storia dell’Everest) e molto altro. Qui ci sono diversi sentieri che si prestano benissimo alla corsa e al trekking e quindi perfetti per la prima fase di acclimamento. Dopo due giorni a Namche ripartimmo in direzione Tengboche a 3867 m. Nel villaggio c’è un importante monastero buddista, il più grande di tutta la regione del Khumbu. Da lì, con un paio di giorni di trekking arrivammo a  Chukung a 4730 m. In questo piccolo villaggio, posto ai piedi della parete sud del Lhotse, decidemmo  di fermarci un paio di notti per adattare meglio il nostro fisico allo sbalzo di quota.

Finalmente eravamo pronti e dopo due giorni ci trasferimmo al campo base dell’Island Peak. Con Sete concordammo di fare un attacco diretto dal campo base senza campi intermedi. A mezzanotte suonò la sveglia e sotto il fascio delle frontali ci incamminammo. Faceva molto freddo e fummo costretti a calzare gli scarponi da 8000 m. La prima parte di salita si svolse su terreno roccioso classico, ci legammo e procedemmo in conserva io davanti, Sergio dietro di me e Sete a chiudere il gruppo. Arrivati a ridosso del ghiacciaio, calzammo i ramponi e ripartimmo senza perdere tempo. Sul ghiacciaio dovemmo superare svariati crepacci, alcuni fortunatamente addomesticati dalle scale. Finalmente con i primi raggi di sole eravamo all’attacco dell’ultimo pendio, la quota si faceva sentire e il ritmo inesorabilmente cominciò a calare. Stringemmo i denti e grazie alla nostra determinazione  alle 10: 00 in punto eravamo in cima. Eravamo contentissimi e la vista sulla parete sud del Lhotse ci lasciava senza fiato. Foto di rito e giù perché eravamo solo a metà dell’opera. Nella prima parte, viste le pendenze sostenute, fummo costretti a scendere in doppia, ma appena il terreno divenne più dolce ripartimmo a gambe levate. Con grande stupore la sera riuscimmo addirittura a rientrare a Chuchung e così nel lodge ci concedemmo alcune birre per festeggiare. Il giorno dopo non perdemmo tempo e ripartimmo subito verso Dingboche a 4410 m. Qui riposammo due giorni e poi ci trasferimmo al villaggio di Lobuche situato prima della famosa piramide costruita da CNR a ridosso dei 5000 m.

Avremmo usato il Lodge come campo base e come sull’Island Peak avremmo fatto un attacco diretto alla punta del Lobuche. Come al solito la sveglia suonò a mezzanotte e noi ci incamminammo in silenzio illuminando il sentiero con le frontali. Superammo al buoi la prima parte di facili roccette e finalmente verso le 7:00 uscì il sole. Calzammo i ramponi per procedere in sicurezza sui primi pendii ghiacciati. A circa 200 m. dalla cima la pendenza cambiò e fummo costretti ad affrontare alcuni tiri di ghiaccio con pendenze di circa 45°. Arrivati a 6000 m, intravedemmo la punta dalla quale, ormai, ci separava solo una sottile cresta. Ci rimettemmo in conserva e ripartimmo spediti verso la vetta. Ormai eravamo perfettamente acclimatati e a differenza dell’Island Peak avevamo un ritmo molto superiore. Alle 9:00 del mattino toccammo tutti e tre la punta. Eravamo euforici ci abbracciammo e ci scambiammo i complimenti. Sotto di noi, vedevamo la piramide e il campo base dell’Everest, e proprio di fronte noi, c’era lei, Sagaramāthā il “dio del cielo”. Davanti a noi potevamo contemplare le montagne più possenti della terra: l’Everest, il Lhotse e il Nuptse. Sergio ed io non dicemmo una parola, ma nel profondo sapevamo che presto avremmo dovuto confrontarci con loro.

To be continued….